... tu, in testa, tieni un'orchestra intera!!
Cosi' diceva Troisi a Robertino in Ricomincio da tre...
E cosi' dico io al novio venezuelano della mia compagna di classe, che ieri e' uscito con noi dopo il corso di spagnolo.
Situazione: eravamo io, il francese, il napoletano, le due coreane ... Fidel, Paco Peña, Mirko dei Biaiv, ... e il sudamericano, appunto.
Immagino che un ragazzo dell'America Latina in Spagna, abbia delle difficolta' di integrazione e che, nonostante parli castillano, sia considerato un extracomunitario, con tutto quello che di negativo questo status comporta.
Immagino pure che per lui sia pesante, al punto da desiderare, da una parte, di essere come la gente del popolo ospitante e, dall'altro di difendere la propria identita', a volte diversa e per questo - ahime' - poco apprezzata.
Detto cio', mi sono dovuta ciucciare una serata dove il nostro oscillava tra frecciatine e polemiche equamente distribuite a noi europei e, gran leccate di c##o, rivolte sempre alla suddetta comitiva.
Questo atteggiamento contraddittorio mi ha irritato.
E sapete perche'?
Perche' se pur in maniera ridotta, e' lo stesso di qualunque straniero complessato fuori dalla patria.
Quando vivi all'estero, per gli autoctoni sei, per prima cosa, francese, inglese.. e, soprattutto ITALIANO. E capirete bene, che questa condizione ti obbliga a portare il peso di reputazioni non sempre edificanti. Ma non e' solo questo a darmi sui nervi.
Capisco che l'esigenza di schematizzare per comprendere e gestire le situazioni e' nell'indole umana ma sono stanca di giocare alle squadre dei verdi, dei viola, dei marroni.
Mi sembra di ripiombare all'epoca dell'oratorio feriale, quando venivamo divisi in gruppi e ci davano il cappellino di colori diversi.
E' vero, sono nata del paese dei viola, e viola resto.
Ma caspita, non c'e' solo il cappello... intendo dire, ho anche una camicia, dei pantaloni, una borsa che, fino a prova contraria, ho scelto io!
E' possibile che se sono in ritardo sono come tutti gli italiani e se sono precisa non lo sembro?
Ieri sera, si e' parlato solo di copricapi... il mood del chico venezuelano ha contagiato tutti e abbiamo finito per ridurre la discussione a stereotipi.
E, quando il francese mi ha detto voi italiani avete un forte senso patriottico, perche' parlate spesso del vostro paese, gli ho quasi riso in faccia, pensando alla contestatissima festa del 17 marzo e al grande equivoco.
Parliamo sempre del nostro paese?
Certo, perche' siamo sulla difensiva. Esattamente come il sudamericano.
Ad esempio, io eviterei sempre di parlare dell'Italia - in termini generali -.
Le volte che mi trovo a farlo e' perche' mi sento pungolata da sterili provocazioni - come va con Berlusconi, la mafia, la camorra ? - oppure noiose e banali lusinghe - ma che bel paese, quante opere d'arte, e la pizza e il mandolino -.
E allora, parto con la sega delle frasi fatte: ma al nord siamo diversi, gli italiani non sono tutti come i politici che li rappresentano, la mafia e' in tutto il mondo, l'Italia e' bella dalla punta al tacco, la cucina italiana e' la piu' apprezzata all'estero e, per finire... siamo un popolo di creativi.
Ma basta!
Che noia, che barba, che barba, che noia!
Il sudaca, come li chiamano qui, mi ha fatto vedere quello che non voglio diventare.
Una che sminuisce gli altri per valorizzare se stessa o, peggio ancora, che cerca approvazione scimmiottando chi l'ha accolta. Il tutto in un teatrino di giochi di ruoli superati e che puzzano di naftalina.
Invito tutti gli italiani a superare questi schemi binari 01 e soprattutto, ad andare oltre il complesso di inferiorita' che ci caratterizza. In particolare, lo dico a quelli fuori dal paese! Forza ragazzi!!
venerdì 1 aprile 2011
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4 commenti:
c'era a nche Sotomyor e Pippolo Santanastasi?? e e e Gianni Minà?
no.. eravamo in pochi, i soliti eroi.
Cara Arianna, gli stereotipi sono una scorciatoia necessaria, ma scivolosa. Necessaria perché i pregiudizi (intesi come pre-giudizi) ci semplificano la vita: se la nostra mente dovesse ogni volta partire da una tabula rasa, sai che fatica. Schematizzare aiuta. E' anche vero che una piccola parte di pregiudizio ce la scegliamo da soli: se decido di mettere una giacca e una cravatta scelgo di essere messo in una certa casellina, se decido di vestirmi da rapper (mi ci vedi?) in un'altra. e se vedi una zingara sull'autobus, cosa scatta nel tuo cervello?
Dall'altra parte, stereotipi e pregiudizi sono strumenti sempre meno utili e flessibili, in una società globalizzata e (fortunatamente) multirazziale. A noi l'improba fatica di demolirli, convinti che ne valga la pena.
Probabilmente il fatto che sia stanca degli stereotipi non significa che non abbiamo un fondo di verita'... il problema forse e' proprio quello.. pizza, pasta e mandule'
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