Dal confine spagnolo a Lisbona ci sono circa 200 km.
Un paesaggio abbastanza monotono che passa dalla radura extremeña (dalla regione Extremadura) alle verdi colline portoghesi, accompagnato dall'affascinante e malinconico fado, trasmesso praticamente in ogni stazione radio.
Benvenuti a Lisbona, cosi' dice il cartello quando ti accingi ad attraversare il Golden Gate iberico, una struttura maestosa di colore rosso, proprio come il ponte di San Francisco. Da qui si puo' ammirare il panorama della citta', divisa sulle sponde del fiume Tejo, da una parte il barrio antico e dall'altra il piu' moderno.
Romantica e misteriosa, Lisbona ha l'aria di una nobil donna in decadenza, altezzosa e dalle grandi ambizioni ma sola, incompresa e squattrinata.
Colpiscono le stradine del centro, i palazzi che ricordano antichi splendori, il pavé bianco che riflette le luci della calle, i baretti di Porto e Jinja - potentissimo liquore alla ciliegia - e, non ultimo, una quantita' di pazzi indigenti che solo una citta' di porto puo' ospitare.
Alti e bassi, soprattutto alti, i punti della citta' che meritano di essere visitati, il castello e la zona dei bar e locali notturni, affollati dai portoghesi e dagli immigranti brasileñi - parecchi -.
Piu' di tutti mi e' piaciuto il quartiere di Belém, con le sue case coloniali, graziose e colorate, i suoi ristorantini sul lungo fiume con il saporito Frango 'na brasa - pollo arrosto - e i pesciotti grigliati - buoni, buoni davvero -, per finire con il museo dell'elettricita' - centrale idrotermica completamente ristrutturata e adibita a spazio espositivo d'arte contemporanea -.
Proprio qui mi sono divertita con scatti industriali, che diciamolo, non si ha l'occasione di fare tutti i giorni, muito obrigado.