lunedì 29 agosto 2011

serie B

E' Lunedí e inizia un'altra settimana.
Domani torno in patria e finalmente non mi dovró inventare nulla per passare la giornata e quella di dopodomani e dopodomani ancora.
Una condizione invidiabile se estesa in un arco di tempo limitato ma, dopo un anno di mostre, corsi, passatempi, sport, giri, indagini, blog e concorsi... anche che basta.
Oggi vorrei proprio parlare di lavoro e di chi non ce l'ha.
Ma non di quelli che non arrivano a fine mese e non riescono a mandare avanti una famiglia, perche´loro giá li conosciamo dai quotidiani, Santoro e qualche telegiornale.
Ma delle donne e, in generale, dei disoccupati di serie B.
Di quelli che al 31, anche se a stento, ci arrivano.
Di quelle che hanno un marito/compagno che le supporta o dei risparmi accumulati negli anni.
Di chi dopo essersi laureato con tanti sacrifici (suoi e dei famigliari),
dopo anni di esperienza sul campo e finalmente aver trovato un impiego gratificante, si ritrova senza lavoro.
Senza l'opportunitá di esprimere i propri talenti, le proprie energie. Di aver scambi di idee, opinioni con altre persone. Di vedere realizzato un sogno. E non ultimo di guadagnare dei soldi.

Stavolta non parleró di me, perché oltre a essere disoccupata sono emigrante (e la cosa si complica) ma di altre ragazze, donne che ho conosciuto qui a Madrid, che da anni vivono un tira e molla continuo: casa, lavoro, casa, lavoro. Dove casa é "a casa".

Ester, psicologa, 31 anni. Ora mamma di una bambina e in attesa della seconda. Perché almeno ottimizzo sui tempi. Laureata, masterizzata, corsizzata e... disoccupata.
Da quando ha conseguito il titolo ha alternato esperienze di lavoro - nel suo settore e non solo - con corsi di aggiornamento, di lingua e non ultimo di amministrazione. Cosí mi apro un' altra porta... E anche un portone giá che ci siamo, visto che da qualche anno fa concorsi pubblici per poter insegnare (dimenticavo, é abilitata anche a questo), rimediando qualche supplenza
y nada más.

Laura, filologa e insegnante di spagnolo, 36 anni, da tre anni senza un'occupazione; esattamente da quando lascia la scuola dove insegnava perché veniva pagata meno della donna delle pulizie. Allora resto a casa e lo faccio io.
Ambiva a trovare qualcosa di meglio, non voleva accontentarsi. Ma alla fine sono anni che la mattina si alza e manda cv, cerca soluzioni e alternative, senza trovare nulla. Ora vorrei solo che qualcuno mi desse un biglietto da visita e mi dicesse "chiamami che domani hai un lavoro", sono stanca di pensare a come uscirne, vorrei uscirne e basta.

Clara, italiana, da anni in Spagna, residente e con diritto di voto.
Trent'anni, markettara con laurea, master e esperienze all'estero, da un mesetto a spasso. Si occupava dell'organizzazione di eventi in una piccola/media agenzia della Capital. Pochi clienti, troppi account, uguale licenziata.
E ora? Sussidio di disoccupazione fino a novembre. E poi? E poi un po' di soldini ce li ho, sto mandando cv, faró dei corsi. Ma stare senza far nulla mi spaventa.

Infine, Maria, 31 anni, assistente sociale/impiegata nelle ONLUS.
Vanta un curriculum esterofilo in ONG inglesi, sudamericane, belga e non so cos'altro. Anche lei quest'estate é rimasta a piedi. Lavorava in una associazione a Toledo. Non hanno piú bisogno, ora penso di ripartire, almeno mi muovo, cosa resto a fare qui?

Anche se nessun caso di quelli citati é da codice rosso e non ci troviamo davanti a disperazione o carestia, parliamo comunque di giovani, con le idee chiare, che sanno cosa vogliono ma che semplicemente non ce l'hanno e talvolta sono stanchi di cercarlo. Non sono certo bisogni primari quelli che cercano di soddisfare ma reggere al peso psicologico del sentirsi inutili e frustrati puó essere pericoloso.
Mi sembrava corretto dar voce anche a loro, perché tra i milleuristi e i disperati, ci sono tante grigie sfumature.

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